DiStImIcAmEnTe





QUANDO FU NON RICORDO,
MA VENNI PRESO UN GIORNO
DAL DESIDERIO D'UNA VITA VAGABONDA,
DANDOMI AL DESTINO D'UNA NUVOLA
CHE NAVIGA NEL VENTO,
SOLITARIA.
(Basho)

...ma ora...

STO DIVENTANDO VECCHIO.
UN SEGNO INEQUIVOCABILE E' CHE
LE NOVITA' NON MI APPAIONO INTERESSANTI
NE' SORPRENDENTI.
SON POCO PIU' CHE TIMIDE VARIAZIONI
DI QUEL CHE E' GIA' STATO.
(Borges)

domenica 30 dicembre 2012

PD imbalsamato



«Con la sfida di Matteo il Pd era riuscito ad avvicinare a sè un'ampia fetta di elettorato "nuovo" in tutta Italia, che oggi ha in gran parte messo da parte l'idea di votare il nostro partito, che considera a questo punto "irriformabile", e volge lo sguardo altrove».


Come non concordare con Gori in questo

"epitaffio" sull'imbalsamazione del PD?

La condanna di Ingroia

PREMESSO che bisogna avvertire la versione guatemalteca di "Chi l'ha visto" di smettere di cercare il signor Antonio Ingroia in quanto è vivo e vegeto e se la passa benissimo qui in Italia; 
PREMESSO che quell'incarico dell' ONU appare proprio essere una ben remunerata sinecura; 
CONSIDERATO che a vederlo e sentirlo in televisione, per aspetto, atteggiamento e linguaggio-dico-non-dico, il suddetto Ingroia appare sempre più simile a certi personaggi mafiosi che fino ad ora ha inquisito; 
VISTA l'ennesima figuraccia fatta dal sopra citato Ingroia a Ottoemezzo dove è stato cazziato addirittura dai giudici per le indagini preliminari Lilli-la-Rossa e Vittorio-Obama-Zucconi; 
VISTO il precedente solenne fiasco di tale Di Pietro Antonio, ex-magistrato osannato da tutti e che ora tutti sperano torni in campagna sul suo trattore; 
VISTA la zizzania che, appena candidatosi alla Presidenza del Consiglio, comincia a seminare con le polemiche su Piero Grasso; in nome del buon senso del popolo italiano CONDANNIAMO il semi-latitante-pendolare-guatemalteco Ingroia Antonio, magistrato che asserisce che non solo lui ma "tutti i magistrati fanno politica, perchè politica deriva da polis e perchè ...bla...bla...bla...", alla pena dell'oblio perpetuo, da scontarsi in qualunque luogo egli voglia fuorchè nel Parlamento italiano, già sovraffollato e pieno di quaquaraquà di ogni risma appartenenti ai più svariati, variegati e variopinti partiti-movimenti o cosche che dir si voglia, che ogni giorno qualcuno ne fonda uno e che basta, per carità! Nel caso il suddetto Ingroia Antonio decidesse di non regalarci un altro partitino utile soltanto a complicare la situazione elettorale, di entrare in un partito già esistente come il suo più ragionevole collega Piero Grasso, oppure di tornare a fare il suo lavoro di magistrato senza protagonismi da Unto dal Signore, la pena verrà ridotta all'oblio semplice con la condizionale.

Vittorio Togato Infeltrito

Ingroia è sincero?

Bene: il sig. Ingroia ha deciso che per fare il bene del Paese deve candidarsi a fare il Presidente del Consiglio. E per fare il bene del Paese, dopo aver fondato l'ennesimo movimento-partitino che serve solo a creare ancora più divisioni e scompiglio nella già frazionatissima, squinternata e confusa situazione politico-elettorale dell'Italia, comincia subito a seminar zizzania con le polemiche su Piero Grasso.
Complimenti!
Nutro sempre più sospetti sulla reale sincerità di Antonio Ingroia. Fin da quando ha affermato che non ha chiesto lui di andare in Guatemala ma che ha "accettato un posto che gli è stato offerto dall'ONU" . Ho qualche esperienza di ONU e per quanto ne so, per avere quel posto il dott. Ingroia deve aver fatto domanda dando la propria disponibilità. Ci ha detto la verità, dott. Ingroia? Lei è vuole essere trasparente?

lunedì 24 dicembre 2012

Ingroia. Ancora...


5- UNA RETORICA DA CANZONETTE DEL PM QUASI-CANDIDATO
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"
Quelli come Antonio Ingroia non si accontentano di fare bene il loro lavoro, vogliono anche redimere il mondo. Per loro la spada della Giustizia è sempre senza fodero, pronta a colpire o a raddrizzare le schiene. Dicono di impegnarsi ad applicare solo la legge senza guardare in faccia nessuno, ma intanto parlano molto delle loro indagini anche fuori dalle aule giudiziarie, contenti di esibire la loro faccia.
Oliviero BehaOLIVIERO BEHA
L'esposizione mediatica, gli interventi ai congressi di partito sono un diritto, ma per dimostrare la propria imparzialità non bastano frasi a effetto, intrise di retorica alla Toto Cutugno: «Partigiani della Costituzione», «Il libro dei sogni», «Un tesoro smarrito sul fondo dell'anima» (non della schiena, dritta per intenderci).
Dopo un periodo di pausa attiva (da due mesi stava svolgendo un lavoro investigativo patrocinato dall'Onu in Guatemala contro i narcos), dopo il via libera del Csm, Ingroia ha offerto la sua disponibilità a candidarsi (io ci sto!) chiedendo ai vari Di Pietro, Ferrero, Diliberto di «fare un passo indietro». Tra i fan del nuovo líder máximo spiccano i nomi di Moni Ovadia, Sabina Guzzanti, Fausto Bertinotti, Gino Strada, Vauro. L'ex procuratore aggiunto vorrebbe anche Maurizio Landini e Michele Santoro.
Oliviero DiLiberto e Manuela PalermiOLIVIERO DILIBERTO E MANUELA PALERMI
In Guatemala ci è finito mentre si chiudeva «la madre di tutte le indagini» della Procura di Palermo, quella sulla presunta trattativa Stato-mafia, con le famose intercettazioni riguardanti anche il Colle (che non pochi problemi hanno creato nei rapporti istituzionali) e il consigliere giuridico del Quirinale, Loris D'Ambrosio, un tempo stretto collaboratore di Giovanni Falcone, stroncato poi da un infarto.
Paluzzi EzioPALUZZI EZIO
A Palermo ha abbandonato l'inchiesta nella sua fase più delicata e il comizio di venerdì non ha certo giovato alla sua reputazione (già incrinata dalla gestione di Massimo Ciancimino) e alla credibilità della magistratura italiana, alimentando il sospetto che l'attività giudiziaria, specie se clamorosa, venga intesa da alcuni come opportunità per una carriera politica.
Le debolezze del magistrato non lo rendono più umano, ma soltanto più simile a un cittadino al di sotto di ogni sospetto.

sabato 22 dicembre 2012

La condanna di Ingroia Antonio

PREMESSO che bisogna avvertire la versione guatemalteca di "Chi l'ha visto" di smettere di cercare il signor Antonio Ingroia in quanto è vivo e vegeto e se la passa benissimo qui in Italia; 

PREMESSO che quell'incarico dell' ONU appare proprio essere nient'altro che una ben remunerata sinecura; 

CONSIDERATO che a vederlo e sentirlo in televisione, per aspetto, atteggiamento e linguaggio-dico-non-dico, il suddetto Ingroia appare sempre più simile a certi personaggi mafiosi che fino ad ora ha inquisito; 

VISTA l'ennesima figuraccia fatta dal sopra citato Ingroia a Ottoemezzo dove è stato cazziato addirittura dai giudici per le indagini preliminari Lilli-la-Rossa e Vittorio-Obama-Zucconi; 

VISTO il precedente solenne fiasco di tale Di Pietro Antonio, ex-magistrato osannato da tutti e che tutti ora sperano se ne torni in campagna sul suo trattorino; 

in nome del buon senso del popolo italiano

CONDANNIAMO il semi-latitante-pendolare-guatemalteco Ingroia Antonio, magistrato che asserisce che non solo lui ma "tutti i magistrati fanno politica, perchè politica deriva da polis e perchè ...bla...bla...bla...", alla pena dell'oblio perpetuo, da scontarsi in qualunque luogo egli voglia fuorchè nel Parlamento italiano, già sovraffollato e pieno di quaquaraquà di ogni risma appartenenti ai più svariati, variegati e variopinti movimenti-partiti o cosche che dir si voglia, che ogni giorno qualcuno ne fonda uno e che basta per carità! Nel caso il suddetto Ingroia Antonio decidesse di tornare a fare il suo lavoro di magistrato senza protagonismi da Unto dal Signore, la pena verrà ridotta all'oblio semplice con la condizionale.
Vittorio Togato InFeltrito 

giovedì 20 dicembre 2012

Vecchio io?

"Vecchio io? Ma se riesco ancora a fare l'amore due

volte di seguito!

Un volta d'inverno, una volta d'estate"

(Alfred Capus)

VotAntonio (Ingroia)


Era già da tempo un ex magistrato, ammesso che lo sia mai stato davvero, un magistrato. Ma adesso c’è la sanzione ufficiale: Antonio Ingroia torna dal Guatemala, chiede l’aspettativa al Csm, e finalmente si candida alle elezioni con il partito delle manette, la lista arancione di Luigi De Magistris e Antonio Di Pietro. Insomma ha raggiunto l’obiettivo che coltivava da anni. Era ora. E ci sarebbe proprio di che essere lieti per la fine di un equivoco se solo non restasse nell’aria la certezza acre di una carriera studiata e pasciuta sulla pelle di imputati eccellenti, carabinieri eroi, ex ministri galantuomini, servitori dello stato mascariati dalla più evanescente delle accuse: la Trattativa stato mafia. Ingroia ha sempre incrociato la sua attività professionale con il giornalismo e con la polemica politica, sin dai tempi delle comparsate sui palchi dei vari partiti comunisti, in un cinico intreccio che i suoi stessi colleghi dell’Anm hanno stigmatizzato. Nella sua ultima apparizione televisiva, da Michele Santoro, parlando di indagini in corso ha aggredito il presidente della Repubblica e insultato il Csm: si è sempre mosso su un crinale esile in cui non si capiva mai dove finisse il magistrato e iniziasse il politicante di professione. E che dire del Guatemala? Abbandona il Sudamerica, dove era voluto andare, e lo fa dopo poco più di un mese, e dopo qualche articolo autocelebrativo pubblicato da un certo, violentissimo, Vernacoliere delle procure. Ingroia abbandona, dunque, come aveva già lasciato Palermo e la traballante inchiesta sulla trattativa. Ma – attenzione – pure stavolta molla soltanto dopo aver tratto, anche dal Guatemala, il massimo profitto d’immagine (e non di indagine).

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DOPO PADELLARO, ANCHE IL “FATTOIDE” CORRIAS INCARTA INGROIA: “A COSA DIAVOLO È SERVITO IL GUATEMALA, A PARTE I PITTORESCHI COLLEGAMENTI CON SANTORO? DAVVERO ERA NECESSARIO ALZARE TUTTA QUESTA POLVERE PER INFILARSI ANCHE LUI IN QUELLA MASNADA DI POLTRONE E POLITICI DA LUI INDAGATI A TAL PUNTO DA RIMANERNE AFFASCINATO?” - A PALERMO PRIMA DI MOLLARE LA PROCURA, HA SGANCIATO UN SILURO PER MESSINEO, INTERCETTATO “CASUALMENTE” COME NAPOLITANO…


Pino Corrias per "Il Fatto quotidiano"
Antonio IngroiaANTONIO INGROIA
Al netto di tutti noi grilli parlanti una cosa ancora non s'è capita dell'imminente ritorno del pm volante Antonio Ingroia, specialista (del resto) in misteri italiani: ma il Guatemala a cosa diavolo è servito, a parte i tre pittoreschi collegamenti con Santoro per mostrarci la sua lontananza sotto l'ombra della palma? Era un depistaggio, una fantasiosa vacanza di studi, oppure una rincorsa per tornare? Come lo vogliamo spiegare questo andare e venire dal lontano Centro America con tanto di insediamento segreto nella segreta palazzina?
Antonio IngroiaANTONIO INGROIA
Davvero era necessario - dopo anni di abnegazione - alzare tutta questa polvere per infilarsi anche lui in quella masnada di poltrone e politici italiani così a lungo indagati e così da vicino conosciuti da rimanerne affascinato? E tutta qui la novità?
Io non credo - come si ostinano a ripetere in molti - che un magistrato abbia gli stessi doveri e diritti di ogni altro cittadino comune. Ha molti doveri in più e qualche diritto in meno, visto che ha il potere esclusivo di indagarlo, rivoltargli la vita e qualche volta piegargliela fino a fargli male. Essendo sempre la giustizia un bene incorporato al dolore, al dubbio, qualche volta al rimorso.
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2- QUANTO SFASCIO INTORNO ALL'EX PM INGROIA
Da "Il Foglio"
"Mi ha detto che questo sostituto titolare dell'indagine è un tipo strano... molto strano". Oltre a fare qualche confidenza di troppo, sulle indagini in corso nei confronti della potentissima ma non certo irresistibile Banca Nuova, il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, avrebbe espresso pure - parlando con un potenziale indagato - valutazioni negative su un magistrato del suo ufficio.
antonino ingroiaANTONINO INGROIA
Giusto sul pm che stava indagando per usura bancaria nei confronti dell'istituto di credito targato Popolare di Vicenza. Giusto sul pm che Messineo aveva convocato per avere notizie su un'indagine riguardante proprio Banca Nuova. Per poi chiamare l'allora direttore generale, Francesco Maiolini, e dirgli qualcosa di troppo - così sostiene l'accusa contro di lui - sugli accertamenti in corso.
E' una brutta storia, quella che riguarda il successore di Gian Carlo Caselli e Pietro Grasso, abituati alle polemiche ma mai cascati in una serie continua di autogol e di infortuni professionali e anche famigliari, e nemmeno mai finiti indagati per rivelazione di segreto d'ufficio, come invece è toccato a Messineo. E' una brutta storia non solo o non tanto per via della fuga di notizie, ricostruita grazie alle intercettazioni svolte dai pm di Palermo nei confronti di Maiolini e in cui è incappato giusto il procuratore della Repubblica di Palermo.
antonino ingroia teatroANTONINO INGROIA TEATRO
E' una brutta storia non tanto o non solo perché Messineo è incappato in una vicenda gemella di quella che, a causa delle intercettazioni "casuali" del capo dello stato con l'ex ministro Nicola Mancino, ha portato Napolitano a sollevare il conflitto di attribuzione con la procura. La fuga di notizie, tra l'altro - non si può non essere garantisti - è tutta da accertare e da provare.
ANTONIO INGROIA ALLA FESTA IDV DI VASTOANTONIO INGROIA ALLA FESTA IDV DI VASTO
Però è comunque una brutta storia. Che nasce, ma non si esaurisce, con la resistibile ascesa di Banca Nuova, che in Sicilia ha bruciato le tappe, spodestando il potentissimo Banco di Sicilia dalla gestione della tesoreria della regione e distribuendo assunzioni, prebende, mutui a tassi perlomeno competitivi anche a mezzo tribunale di Palermo (e non solo di Palermo). Maiolini, ex direttore generale dell'istituto di credito e oggi presidente dell'Irfis, Istituto regionale per il mediocredito, si vanta con Repubblica di avere scelto di assumere parenti di magistrati anziché di mafiosi.
E magari, nella sua discutibile boria antimafia, si è lasciato andare a qualche millanteria di troppo. Magari, parlando al telefono in rapida successione, prima con un dirigente della banca, Rallo, e poi con un avvocato, Ambrosetti, nel pomeriggio dell'11 giugno scorso, dopo essere uscito dalla stanza del procuratore, attribuisce al suo amico Messineo qualche notizia e qualche giudizio che magari il magistrato nemmeno si era sognato di dargli o di fare.
PRIMO PIANO DI ANTONINO INGROIAPRIMO PIANO DI ANTONINO INGROIA
Però le cose Maiolini le sapeva. E i suoi precedenti tentativi di capire perché stessero indagando su di lui, chiamando altri due magistrati amici, erano andati a vuoto. Se avesse mandato un avvocato, a informarsi legittimamente, magari Maiolini ne avrebbe saputo di certo di più. Ma ora Messineo, per questa brutta storia, potrebbe essere cacciato da Palermo, con ignominia. Prima del salto in Guatemala E' una storia triste, oltre che brutta, questa. Messineo da tempo vuole andare via, con i suoi piedi, dalla procura.
VIGNETTA BENNI ANTONINO INGROIAVIGNETTA BENNI ANTONINO INGROIA
Così come Antonio Ingroia meditava il salto in Guatemala (e poi dritto in politica) proprio mentre si chiudeva "la madre di tutte le indagini" della procura di Palermo, quella sulla presunta Trattativa stato mafia, il capo dei pm aveva chiesto di andarsene alla procura generale, incurante anche lui di lasciare senza guida l'ufficio, proprio in questo delicatissimo momento. Sulla strada di questa nomina ha incontrato difficoltà di ogni tipo. La vicenda controversa della Trattativa, che può avere anche qualche merito, ma che per molti versi è stato il più grande spot elettorale del futuro candidato premier arancione, Ingroia.
pino corriasPINO CORRIAS
Le intercettazioni riguardanti anche il Colle. La morte del consigliere giuridico del Quirinale, Loris D'Ambrosio, un tempo stretto collaboratore di Giovanni Falcone e poi trasformato mediaticamente in una sorta di fiancheggiatore dei "trattativisti". Le continue esternazioni di Ingroia, che, saltellando da un convegno a un congresso di partito, ha più volte messo in imbarazzo il suo capo, rimasto però sempre zitto.
Messineo si è dovuto sobbarcare anche il rinvio a giudizio del cognato, che ha evitato l'aggravante di mafia ma non il processo come "capo e promotore" di un'associazione per delinquere (i pm erano Ingroia e un magistrato del suo pool, Lia Sava), e anche l'annullamento dell'assoluzione del fratello, coinvolto in una truffa alla regione.
IL PROCURATORE FRANCESCO MESSINEOIL PROCURATORE FRANCESCO MESSINEO
Insomma, tutto avrebbe potuto fare, meno che il procuratore generale. Però insisteva e ci sperava. Poi è arrivata la fuga di notizie. E stavolta il capo della Dda ha ritirato la domanda da sé, prima che il Csm gliela bocciasse. Il confronto con i suoi sostituti, che gli hanno chiesto se, dopo la vicenda Maiolini, potessero ancora fidarsi di lui, non ha sciolto i dubbi sul rapporto che legava Messineo al pool di Ingroia.
NICOLA MANCINO E GIORGIO NAPOLITANO jpegNICOLA MANCINO E GIORGIO NAPOLITANO JPEG
Con estrema correttezza formale, l'ex procuratore aggiunto ha tenuto nascosto al suo capo di averlo intercettato "indirettamente e casualmente", proprio come aveva intercettato Napolitano con Mancino. Per sei lunghi mesi Messineo non ne ha saputo niente. Le intercettazioni sono rimaste per tanto tempo nel cassetto e gli atti sono stati trasmessi a Caltanissetta solo il mese scorso, quando Ingroia è andato in Guatemala. Per non danneggiare le indagini su Maiolini, che è coinvolto anche in un'inchiesta per riciclaggio aggravato, hanno spiegato in procura.
napo dambrosioNAPO DAMBROSIO
Però, a non pochi magistrati, Messineo ha fatto tenerezza, quando lui, il capo dell'ufficio che ha intercettato (involontariamente) anche il capo dello stato e che dopo ha difeso l'operato dei colleghi davanti alla Corte costituzionale, ha dovuto ammettere di aver saputo dell'intercettazione "da un giornalista, la sera di mercoledì 5 dicembre, alle 20,30". Il Csm, che ieri ha dato il via libera alla possibile candidatura di Ingroia con il partito arancione di De Magistris e Di Pietro ha intanto revocato il concorso per coprire il posto lasciato vacante dall'ex vice di Messineo.
LUIGI DE MAGISTRIS PRESENTA IL MOVIMENTO ARANCIONELUIGI DE MAGISTRIS PRESENTA IL MOVIMENTO ARANCIONE
Non è un ripensamento che nasce per caso: altri tre magistrati, Giuseppe Fici, Ambrogio Cartosio e Claudio Corselli, hanno vinto i ricorsi, anche al Consiglio di stato, contro la nomina di Ingroia (erano stati scavalcati nonostante avessero più titoli) e dunque il Csm ha stabilito che, piuttosto che generare altri ricorsi, è meglio che il posto di Ingroia se lo contendano loro tre. La richiesta di un'aspettativa elettorale da parte di Ingroia era quasi un atto obbligato.
ANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORIANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORI
Per non averla chiesta formalmente, nel momento in cui fondava un partito per le elezioni comunali di Palermo del maggio scorso, era finito nei guai al Csm un altro pm palermitano ed ex assessore regionale, Massimo Russo. Nei confronti del quale il Consiglio superiore della magistratura deve ancora decidere quale provvedimento adottare.


BELL' ITALIA

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3-10-2012


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4-10-2012

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31-10-2012
14-11-2012


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30-10-2012
Ma nel 2006, l'Unita':
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31-10-2012
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"Diversi lettori e colleghi - anche autorevoli - ci chiedono e scrivono più o meno questo: ma come, Report ha copiato le vostre inchieste su Di Pietro e voi non dite niente? Non vi hanno neppure citato e voi non dite niente? Cioè: giornalisti e dipietristi stanno scoprendo l’acqua calda e voi non dite niente? Risposta: no, non diciamo niente. Nel senso: abbiamo già detto con le nostre inchieste, appunto, e per il resto il giornalismo è fatto così. C’è chi semina - anche fuori stagione - e chi vendemmia e magari ci fa pure il vino, e raramente sono le stesse persone. È vero, l’inchiesta di Report non aggiunge un dato che sia uno - semmai ne toglie - a quanto fu variamente pubblicato, anni fa, su giornali e libri, e una differenza, probabilmente, è che ai tempi Di Pietro seppellì tutti di querele - lui col suo studio di inquisiti, i Maruccio & Scicchitano - mentre vedrete che ora contro Report non farà nulla". A tre giorni dalla punatata di Report sul patrimonio immobiliare di Tonino Di Pietro e l'Italia dei Valori, Filippo Facci per Libero del 31 ottobre torna sull'argomento. "Io, come altri colleghi - spiega Facci - lo scrivo da tempo, ma Tonino è sempre stato forte di un clima di consenso generale; oggi che, abbandonato dal Pd e punalato da Grillo, è un cane che affoga, tutti si sentono liberi di bastonarlo".
Leggi l'articolo completo su Libero di mercoledì 31 ottobre 


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8-11-2012
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9-11-2012

Ricapitoliamo.
Ottobre 2009. Un'inchiesta del Giornale denuncia presunti abusi e irregolarità nel milione di euro concesso nel 2005 dalla Regione Emilia Romagna alla cooperativa agricola Terremerse presieduta da Giovanni Errani, fratello maggiore di Vasco, per costruire una cantina vinicola a Imola. Scoppiata la bagarre, il governatore commissiona a due collaboratori una memoria difensiva per la procura di Bologna. Per il procuratore capo Roberto Alfonso, che in quei mesi stava indagando sull'allora sindaco felsineo Flavio Delbono, il dossier costituisce una notizia di reato. Le verifiche portano a galla incongruenze e omissioni nei documenti prodotti dagli uffici di Errani. Si sospetta che il governatore voglia coprire gli illeciti del fratello (che si era dimesso, travolto dalle polemiche) e i lacunosi controlli della Regione. Il governatore viene così iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di falso ideologico in atto pubblico cui si aggiunge, per gli autori della relazione, l'ipotesi di favoreggiamento. L'avviso di garanzia per truffa aggravata era già arrivato al fratello Giovanni e ad altre cinque persone per le irregolarità nella gestione e nei controlli del ricco finanziamento regionale. Martedì, all'udienza preliminare per decidere se andare a processo o archiviare, Giovanni Errani chiede (e ottiene) un rinvio mentre Vasco chiede (e ottiene anch'egli) un giudizio abbreviato. La procura si oppone per non dividere il processo, ma il gup Giangiacomo, tra i leader di Magistratura democratica, ascolta gli imputati. L'avvocato Gamberini ne era certo da giorni.

Errani va immediatamente a giudizio ed è una prima vittoria: scansa altri mesi di polemiche, viene giudicato da una toga rossa di provata fede ed evita un processo alla vigilia delle elezioni politiche. Ottenuto lo stralcio, l'assoluzione era a un passo ma non scontata. Le irregolarità c'erano, la Procura aveva chiesto per Errani una condanna a 16 mesi (ridotti di un terzo per il rito abbreviato). Il governatore, dopo nove ore di udienza a porte chiuse, era nervosissimo. Tuttavia, con motivazioni che il gup depositerà entro 60 giorni, Errani è stato assolto come i suoi funzionari. Costoro non avevano intento doloso nel redigere il dossier, né Errani ha sollecitato l'illecito: questa, in sostanza, la tesi del giudice.

Tutti assolti, tutti felici per una sentenza «politicamente correttissima». Contento Errani, che ora (non prima) fa sapere che si sarebbe «inevitabilmente» dimesso se condannato; esultano l'avvocato, che sgrida la procura («l'azione penale non doveva nemmeno essere promossa, valutazioni sbagliate hanno condotto a scelte sbagliate»), la Regione, il Pd, Bersani (di cui Vasco è il braccio destro) e perfino le zone terremotate di cui il governatore è commissario straordinario. Soddisfatto anche il dottor Giangiacomo. Ai giornalisti che gli chiedono dell'appartenenza a Md, la corrente di sinistra delle toghe, risponde: «E allora?».
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2- LA CONDANNA ARRIVA DAI GRILLINI: NON POTEVA NON SAPERE
Mariateresa Conti per "il Giornale"
Sarà che con Di Pietro, Beppe Grillo dixit , non si fanno accordi, ma comunque è un amico. Sarà che ha un blog su Il Fatto quotidiano, e dunque, per osmosi, un po' di giustizialismo lo respira in rete. O sarà anche che questa storia non l'ha mai convinto fino in fondo, vedi l'intervento in Aula di tre mesi fa, postato ieri su Facebook .
Fatto sta, comunque, che i grillini, o meglio il grillino «ribelle» Giovanni Favia, competente per territorio in quanto consigliere regionale dell'Emilia Romagna, indossa virtualmente la toga e rifà il processo a Vasco Errani, il suo governatore fresco di assoluzione. Lui, a un Errani ignaro dei contenuti falsi della relazione sul finanziamento regionale al fratello, non crede. E non crede nemmeno che si sarebbe dimesso in caso di condanna, come ha fatto sapere, neanche a dirsi, rassicurato dal verdetto di assoluzione.
Del bono FlavioDEL BONO FLAVIO
La requisitoria di Favia è contenuta in una nota. «Errani - accusa - ha portato una relazione falsa in Procura, che qualcuno deve aver scritto. E non mi interessa che ne fosse cosciente o meno (bizzarro questo secondo caso) in merito ad un procedimento, ancora da chiarire, riguardante un finanziamento regionale di un milione all'azienda del fratello. Punto. Questi sono i fatti che politicamente rimangono e non sono cancellabili ».
Favia avanza perplessità anche sul rito alternativo. Il giudizio abbreviato, infatti, ha consentito al governatore un processo limitato allo stato degli atti. E ha separato la sua posizione da quella del fratello, Giovanni, che sarà processato tra qualche mese visto che il suo legale ha ottenuto un rinvio per i danni subiti dal suo studio, a Ferrara, a causa del terremoto.
GIOVANNI FAVIAGIOVANNI FAVIA
«Mi domando - tuona il grillino - se la divisione dei processi non sia stata frutto di un calcolo giuridico raffinato. Davvero l'avvocato del fratello Giovanni Errani aveva lo studio danneggiato dal terremoto? O si è avvalso di quella norma, fatta per tutelare chi davvero ha avuto conseguenze gravi, per consentire al presidente di subire un processo "al buio", privato dei suoi aspetti più torbidi?».
Insinuazioni, dubbi. Lo stile da pm si confà al giovane consigliere grillino. Che dice di«rispettare in toto» la sentenza, e di non avere problemi per il fatto che il Gup sia di Magistratura democratica. Ma lancia l'affondo sul piano politico: «Fatico a credere che Errani non abbia letto quelle poche righe, essenziali, della relazione che consegnò, in cui c'era un falso». Insomma, la grillino­sentenza è emessa: il caso Terremerse resta una vicenda «poco chiara».
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9-11-2012


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12-11-2012










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                             19-11-2012

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20-12-2012

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